Giuro che questa e' l'ultima cosa che scrivo sull'Italia, ma sono successe e succedono cose in quel di Pordenone che sono sicuramente epocali.
Alla fine l'apocalisse preannunciata e' arrivata: Electrolux avviera' un'analisi investigativa sui propri impianti italiani che spalanca le porte alla chiusura degli impianti in questione (1200 persone nel solo impianto pordenonese). Il mese scorso e' toccato ad Ideal Standard annunciare la chiusura del proprio impianto nel pordenonese (e altre 500 persone coinvolte). Quello che soprattutto colpisce i pordenonesi come me e' il fatto che queste aziende assieme a Savio, Moro, Casagrande hanno fatto comunque parte del "paesaggio" culturale e lavorativo della provincia. Ma ora veramente pare che i capannoni di queste aziende andranno ad aggiungersi all'archeologia industriale della quale fanno gia' parte i gloriosi cotonifici del secolo XIX e XX.
Attorno all'ennesima chiusura si e' scatenata la solita commedia che vede coinvolti politici, giornalisti, sindacalisti e - ahime' - lavoratori. Stavolta la commedia (specie per quel che riguarda il "rilancio" di Ideal Standard) mi ha fatto mettere le mani nei capelli perche' se le cose stanno come si scrive, altro non mi riesce di fare.
Queste mie considerazioni sono legate a quanto credo di aver capito lavorando per una grossa corporation americana negli ultimi due anni.
Partiamo da un cartello piuttosto comune nei parchi nazionali americani che spiega perche' non dare da mangiare agli animali.
I miei colleghi mi spiegavano che quando viene introdotto un obbligo lo si deve motivare accuratamente. Per farla breve nutrire gli animali selvatici finisce per disabituarli al loro habitat esponendoli ad essere facilmente predati.
Una compagnia che produca beni e/o servizi e' come un animale selvatico: una mano "esterna" non deve dargli da "mangiare" pena la sua stessa sopravvivenza.
Nel nostro paese la mano "esterna" e' stata per troppi anni quella pubblica. E i risultati su aziende come Alitalia, Telecom, Finmeccanica, Fiat, Olivetti,... li si e' visti benissimo appena i concorrenti esteri si sono fatti vedere nel mercato italiano.
Vorrei ricordare che pure Zanussi e' stata vittima della mano pubblica: passata sotto la gestione di Lamberto Mazza ha iniziato ad acquisire aziende decotte e fuori mercato con soldi pubblici e su caldo invito dei politici. Il gruppo ha finito con l'essere un carrozzone con attivita' che non centravano niente col core business dell'azienda.
Il peggio e' che la mano pubblica quando cerca di mettere mano alle cose per aggiustarle finisce col fare danni ancora peggiori. Nel caso di Ideal Standard la regione Friuli Venezia Giulia si e' offerta di abbassare i costi energetici pagati attualmente da questa. Quel che mi fa veramente impazzire e' che nessuno dica nulla sulla palese distorsione che si va a creare tra Ideal Standard e le altre aziende ben sapendo cosa costi l'energia in Italia: perche' ad un'azienda fuori mercato si fa questo favore e ad una che va ancora bene no? Dabbenaggine, stupidita', calcolo elettorale? Non si sa.
Prima che iniziate a dire: "Parli bene tu che stai all'estero" vorrei ricordarvi che qui in Austria le aziende in crisi vengono semplicemente lasciate fallire. In primavera e' toccato al colosso delle costruzioni Alpine Bau. 1500 persone mandate a casa (non proprio poche per un paese piccolo come l'Austria). Il ragionamento che si fa e' semplice: se esiste un mercato per quello che l'azienda produceva, questo verra' coperto dai suoi concorrenti. I lavoratori vengono tutelati con forti sussidi alla disoccupazione (92% dello stipendio per un periodo che viene calcolato in modo contributivo: piu' si e' lavorato piu' lungo e' il periodo nel quale si riceve la contribuzione) e corsi di riqualificazione.
In Italia accade invece qualcosa che fa grattare la testa ad americani e austriaci di qui: prima si massacrano le aziende di tasse, alti costi energetici ed incombenze burocratiche assurde (lasciando perdere autentiche rovine come lo statuto dei lavoratori), poi, per contentino, si concedono cose come la cassa integrazione o i contratti di solidarieta' che finiscono con lo scaricare su collettivita' e lavoratori fattori che non sempre sono legati alla crisi (ad esempio, gli errori del management come nel caso Electrolux).
La cassa integrazione, poi, e' veramente "demoniaca": mette in una condizione mentale letargica gli imprenditori che aspettano che la tempesta passi impedendogli di sviluppare soluzioni nuove e di licenziare il personale in eccesso se necessario, e disincentiva i lavoratori a cambiare posto di lavoro, magari riqualificandosi per qualcosa di diverso.
Avviandoci al settimo anno consecutivo di crisi molti si stanno svegliando dalla fatua speranza che tutto passera' e si tornera' come prima.
Prima che mi si accusi di parlare da ultra liberista con il cero acceso sotto la foto di Milton Friedmann accanto al letto (e, quindi, di essere stato a favore del colpo di stato in Cile e dell'assassinio di Allende, di essere un affamatore della classe operaia e cosi' via) che parla dal calduccio del suo contratto a tempo indeterminato vorrei ricordarvi che vivo in un paese dove la liberta' di licenziamento non sara' a livelli anglosassoni, ma ci si avvicina. Vi racconto un piccolo episodio accaduto in primavera. Una mattina stavo lavorando alla mia scrivania, quando il manager a capo del dipartimento software si avvicina ad alcuni miei colleghi chiedendogli di spegnere il computer e di seguirlo. Cos'era accaduto? L'azienda aveva deciso una riduzione del personale (ne saranno coinvolte 33 persone sulle circa 500 che lavorano qui a Villach) per poter meglio affrontare le sfide che i concorrenti stavano ponendo. Questi miei colleghi sono stati licenziati senza preavviso alcuno (con un paio di questi avevo frequentato un corso di tedesco e parlavo regolarmente del piu' o del meno). Eppure l'azienda non stava andando male: questo ultimo trimestre ha fatturato piu' di un miliardo di dollari, cosa mai accaduta nei suoi trent'anni di esistenza. Ammetto di essere rimasto scioccato per qualche giorno: in Italia non avevo visto licenziare neanche gente finita prima in galera e poi a processo per spaccio di droga servendosi di minorenni. Capite anche perche' (come dicono Aldo, Giovanni e Giacomo: "Al mattino in Africa sorge il sole e...") io sia sempre in formazione permanente perche' non so quanto rimarro' qui indipendentemente dall'andamento aziendale.
Ma obietterete voi che in periodo di crisi economica la gente cerca di restare aggrappata a quanto ha, che alternative ci sono? Vero. E' anche vero che se andiamo indietro nel tempo dovremmo a cominciare a chiederci come sia riuscita la nostra area nordestina a diventare economicamente ricca.
Non certo grazie ad interventi statali, ma con due ingredienti: bassa tassazione (fino agli anni novanta) e sostanziale deregulation. Si' lo so, a parecchi non vanno bene ne' l'una ne' l'altra, ma gli effetti di iper-tassazione e iper-regolamentazione credo siano sotto gli occhi di tutti.
L'unica cosa che lo stato avrebbe dovuto fare a quel tempo sarebbe stato evitare che gli accordi tra privati creassero danni a "parti terze" (come lo scempio ambientale che ha colpito specialmente il Veneto) facendo in modo che la giustizia civile agisse rapidamente su vertenze e palesi violazioni della legge. Invece la politica si e' limitata a chiudere un occhio su piu' meno tutto in cambio di sostanziose "oliate" alle proprie ruote.
E' da li' che nascono i problemi che hanno travolto la nostra provincia e il nostro paese: per troppi anni i grandi gruppi hanno fatto politica industriale a suon di tangenti. Non sono stati ne' la Germania, ne' l'Euro, ne' la globalizzazione, ne' il liberismo. Quest'ultimo, poi, e' diventato il capro espiatorio di ogni cosa che riguardi le crisi economiche. Un tizio su Facebook ha dato una definizione molto azzeccata su cosa il comune sentire intenda per liberismo: "E' come l'uomo nero per i bambini: tu sai che non esiste, ma quando lo nomini sai che questo li tiene buoni a letto.".
Un libero mercato non e' un Far West dove comanda quello che ha piu' potere economico. E' il luogo dove un arbitro (lo stato) ha stabilito delle regole che sono valide per tutti quelli che intendono giocare una partita economica. Questo arbitro sanziona rapidamente eventuali abusi e trasgressioni. Non entra mai direttamente in gioco. E' poi la gente comune in piena liberta' che decreta il successo economico di un attore piuttosto che di un altro.
Certo ci sara' sempre chi cerca di far girare le regole a proprio favore andando a far pressione sui politici (molti in America si lamentano che l'attivita' di lobbying delle aziende sia diventata piu' importante della ricerca e sviluppo). Proprio per questo non faccio difese a spada tratta degli imprenditori: e' piu' comodo andare ad oliare il politico amico che ti faccia la legge ad aziendam che mettersi a scervellarsi per rendere i propri prodotti piu' competitivi. Un libero mercato che sia anche sano, in un certo senso, si autoregola: il settore dove lavoro (semiconduttori) e' un mercato che vale poco meno di 10 miliardi di dollari all'anno, molto frammentato (le prime tre aziende piu' grandi hanno il 35% del mercato) e salta fuori ogni tanto qualcuno che ha cercato di corrompere o funzionari pubblici o responsabili commerciali di aziende clienti. Quando non sono le autorita' ad intervenire sono gli stessi clienti a farlo bloccando o ritardando contratti: in un mercato molto competitivo non si possono permettere di acquistare prodotti frutto di corruzioni perche' su di essi grava il dubbio che siano scadenti.
La ricchezza attuale della nostra provincia ci viene (volenti o nolenti) dal "capitalismo": dal desiderio egoistico di fare soldi per migliorare la propria esistenza lavorando anche orari assurdi, e dal desiderio di non farseli mangiare ne' dallo stato ne' da parassiti di varia natura che girano attorno a questo. Prima del capitalismo diffuso i nostri genitori si ricordano bene cosa c'era: fame e miseria, che sono le eredita' dirette del feudalesimo e della servitu' della gleba che hanno prosperato molto a lungo in Europa. Dopo il capitalismo non so cosa ci sara', ma sono abbastanza convinto che fame e miseria ritorneranno. E con essi ritorneranno superstizioni, repressione delle idee e delle liberta' e i diritti acquisiti spariranno. Un bel Medioevo 2.0 insomma.
Al termine di questo pippone vorrei fare solo un'ultima considerazione. Nella mia attuale azienda viene propugnata la filosofia del "fail fast" (=fallisci alla svelta). Questo non vuol dire che il fallimento e' auspicabile, vuol dire che se hai intrapreso la strada sbagliata alla risoluzione di un problema o nello sviluppo di un nuovo prodotto e' meglio se trovi il modo di farlo fallire alla svelta se questa/o e' realmente fallimentare. In questo modo hai ancora tempo per trovare un'alternativa.
Da qui l'invito che faccio ai pordenonesi: fail fast! Basta continuare a tenere in piedi aziende fuori mercato, politici che non sanno fare il loro lavoro, sindacati che pensano di essere indispensabili.
C'e' ancora tempo per trovare un'alternativa, ma bisogna fare in fretta.
Alla fine l'apocalisse preannunciata e' arrivata: Electrolux avviera' un'analisi investigativa sui propri impianti italiani che spalanca le porte alla chiusura degli impianti in questione (1200 persone nel solo impianto pordenonese). Il mese scorso e' toccato ad Ideal Standard annunciare la chiusura del proprio impianto nel pordenonese (e altre 500 persone coinvolte). Quello che soprattutto colpisce i pordenonesi come me e' il fatto che queste aziende assieme a Savio, Moro, Casagrande hanno fatto comunque parte del "paesaggio" culturale e lavorativo della provincia. Ma ora veramente pare che i capannoni di queste aziende andranno ad aggiungersi all'archeologia industriale della quale fanno gia' parte i gloriosi cotonifici del secolo XIX e XX.
Attorno all'ennesima chiusura si e' scatenata la solita commedia che vede coinvolti politici, giornalisti, sindacalisti e - ahime' - lavoratori. Stavolta la commedia (specie per quel che riguarda il "rilancio" di Ideal Standard) mi ha fatto mettere le mani nei capelli perche' se le cose stanno come si scrive, altro non mi riesce di fare.
Queste mie considerazioni sono legate a quanto credo di aver capito lavorando per una grossa corporation americana negli ultimi due anni.
Partiamo da un cartello piuttosto comune nei parchi nazionali americani che spiega perche' non dare da mangiare agli animali.
I miei colleghi mi spiegavano che quando viene introdotto un obbligo lo si deve motivare accuratamente. Per farla breve nutrire gli animali selvatici finisce per disabituarli al loro habitat esponendoli ad essere facilmente predati.
Una compagnia che produca beni e/o servizi e' come un animale selvatico: una mano "esterna" non deve dargli da "mangiare" pena la sua stessa sopravvivenza.
Nel nostro paese la mano "esterna" e' stata per troppi anni quella pubblica. E i risultati su aziende come Alitalia, Telecom, Finmeccanica, Fiat, Olivetti,... li si e' visti benissimo appena i concorrenti esteri si sono fatti vedere nel mercato italiano.
Vorrei ricordare che pure Zanussi e' stata vittima della mano pubblica: passata sotto la gestione di Lamberto Mazza ha iniziato ad acquisire aziende decotte e fuori mercato con soldi pubblici e su caldo invito dei politici. Il gruppo ha finito con l'essere un carrozzone con attivita' che non centravano niente col core business dell'azienda.
Il peggio e' che la mano pubblica quando cerca di mettere mano alle cose per aggiustarle finisce col fare danni ancora peggiori. Nel caso di Ideal Standard la regione Friuli Venezia Giulia si e' offerta di abbassare i costi energetici pagati attualmente da questa. Quel che mi fa veramente impazzire e' che nessuno dica nulla sulla palese distorsione che si va a creare tra Ideal Standard e le altre aziende ben sapendo cosa costi l'energia in Italia: perche' ad un'azienda fuori mercato si fa questo favore e ad una che va ancora bene no? Dabbenaggine, stupidita', calcolo elettorale? Non si sa.
Prima che iniziate a dire: "Parli bene tu che stai all'estero" vorrei ricordarvi che qui in Austria le aziende in crisi vengono semplicemente lasciate fallire. In primavera e' toccato al colosso delle costruzioni Alpine Bau. 1500 persone mandate a casa (non proprio poche per un paese piccolo come l'Austria). Il ragionamento che si fa e' semplice: se esiste un mercato per quello che l'azienda produceva, questo verra' coperto dai suoi concorrenti. I lavoratori vengono tutelati con forti sussidi alla disoccupazione (92% dello stipendio per un periodo che viene calcolato in modo contributivo: piu' si e' lavorato piu' lungo e' il periodo nel quale si riceve la contribuzione) e corsi di riqualificazione.
In Italia accade invece qualcosa che fa grattare la testa ad americani e austriaci di qui: prima si massacrano le aziende di tasse, alti costi energetici ed incombenze burocratiche assurde (lasciando perdere autentiche rovine come lo statuto dei lavoratori), poi, per contentino, si concedono cose come la cassa integrazione o i contratti di solidarieta' che finiscono con lo scaricare su collettivita' e lavoratori fattori che non sempre sono legati alla crisi (ad esempio, gli errori del management come nel caso Electrolux).
La cassa integrazione, poi, e' veramente "demoniaca": mette in una condizione mentale letargica gli imprenditori che aspettano che la tempesta passi impedendogli di sviluppare soluzioni nuove e di licenziare il personale in eccesso se necessario, e disincentiva i lavoratori a cambiare posto di lavoro, magari riqualificandosi per qualcosa di diverso.
Avviandoci al settimo anno consecutivo di crisi molti si stanno svegliando dalla fatua speranza che tutto passera' e si tornera' come prima.
Prima che mi si accusi di parlare da ultra liberista con il cero acceso sotto la foto di Milton Friedmann accanto al letto (e, quindi, di essere stato a favore del colpo di stato in Cile e dell'assassinio di Allende, di essere un affamatore della classe operaia e cosi' via) che parla dal calduccio del suo contratto a tempo indeterminato vorrei ricordarvi che vivo in un paese dove la liberta' di licenziamento non sara' a livelli anglosassoni, ma ci si avvicina. Vi racconto un piccolo episodio accaduto in primavera. Una mattina stavo lavorando alla mia scrivania, quando il manager a capo del dipartimento software si avvicina ad alcuni miei colleghi chiedendogli di spegnere il computer e di seguirlo. Cos'era accaduto? L'azienda aveva deciso una riduzione del personale (ne saranno coinvolte 33 persone sulle circa 500 che lavorano qui a Villach) per poter meglio affrontare le sfide che i concorrenti stavano ponendo. Questi miei colleghi sono stati licenziati senza preavviso alcuno (con un paio di questi avevo frequentato un corso di tedesco e parlavo regolarmente del piu' o del meno). Eppure l'azienda non stava andando male: questo ultimo trimestre ha fatturato piu' di un miliardo di dollari, cosa mai accaduta nei suoi trent'anni di esistenza. Ammetto di essere rimasto scioccato per qualche giorno: in Italia non avevo visto licenziare neanche gente finita prima in galera e poi a processo per spaccio di droga servendosi di minorenni. Capite anche perche' (come dicono Aldo, Giovanni e Giacomo: "Al mattino in Africa sorge il sole e...") io sia sempre in formazione permanente perche' non so quanto rimarro' qui indipendentemente dall'andamento aziendale.
Ma obietterete voi che in periodo di crisi economica la gente cerca di restare aggrappata a quanto ha, che alternative ci sono? Vero. E' anche vero che se andiamo indietro nel tempo dovremmo a cominciare a chiederci come sia riuscita la nostra area nordestina a diventare economicamente ricca.
Non certo grazie ad interventi statali, ma con due ingredienti: bassa tassazione (fino agli anni novanta) e sostanziale deregulation. Si' lo so, a parecchi non vanno bene ne' l'una ne' l'altra, ma gli effetti di iper-tassazione e iper-regolamentazione credo siano sotto gli occhi di tutti.
L'unica cosa che lo stato avrebbe dovuto fare a quel tempo sarebbe stato evitare che gli accordi tra privati creassero danni a "parti terze" (come lo scempio ambientale che ha colpito specialmente il Veneto) facendo in modo che la giustizia civile agisse rapidamente su vertenze e palesi violazioni della legge. Invece la politica si e' limitata a chiudere un occhio su piu' meno tutto in cambio di sostanziose "oliate" alle proprie ruote.
E' da li' che nascono i problemi che hanno travolto la nostra provincia e il nostro paese: per troppi anni i grandi gruppi hanno fatto politica industriale a suon di tangenti. Non sono stati ne' la Germania, ne' l'Euro, ne' la globalizzazione, ne' il liberismo. Quest'ultimo, poi, e' diventato il capro espiatorio di ogni cosa che riguardi le crisi economiche. Un tizio su Facebook ha dato una definizione molto azzeccata su cosa il comune sentire intenda per liberismo: "E' come l'uomo nero per i bambini: tu sai che non esiste, ma quando lo nomini sai che questo li tiene buoni a letto.".
Un libero mercato non e' un Far West dove comanda quello che ha piu' potere economico. E' il luogo dove un arbitro (lo stato) ha stabilito delle regole che sono valide per tutti quelli che intendono giocare una partita economica. Questo arbitro sanziona rapidamente eventuali abusi e trasgressioni. Non entra mai direttamente in gioco. E' poi la gente comune in piena liberta' che decreta il successo economico di un attore piuttosto che di un altro.
Certo ci sara' sempre chi cerca di far girare le regole a proprio favore andando a far pressione sui politici (molti in America si lamentano che l'attivita' di lobbying delle aziende sia diventata piu' importante della ricerca e sviluppo). Proprio per questo non faccio difese a spada tratta degli imprenditori: e' piu' comodo andare ad oliare il politico amico che ti faccia la legge ad aziendam che mettersi a scervellarsi per rendere i propri prodotti piu' competitivi. Un libero mercato che sia anche sano, in un certo senso, si autoregola: il settore dove lavoro (semiconduttori) e' un mercato che vale poco meno di 10 miliardi di dollari all'anno, molto frammentato (le prime tre aziende piu' grandi hanno il 35% del mercato) e salta fuori ogni tanto qualcuno che ha cercato di corrompere o funzionari pubblici o responsabili commerciali di aziende clienti. Quando non sono le autorita' ad intervenire sono gli stessi clienti a farlo bloccando o ritardando contratti: in un mercato molto competitivo non si possono permettere di acquistare prodotti frutto di corruzioni perche' su di essi grava il dubbio che siano scadenti.
La ricchezza attuale della nostra provincia ci viene (volenti o nolenti) dal "capitalismo": dal desiderio egoistico di fare soldi per migliorare la propria esistenza lavorando anche orari assurdi, e dal desiderio di non farseli mangiare ne' dallo stato ne' da parassiti di varia natura che girano attorno a questo. Prima del capitalismo diffuso i nostri genitori si ricordano bene cosa c'era: fame e miseria, che sono le eredita' dirette del feudalesimo e della servitu' della gleba che hanno prosperato molto a lungo in Europa. Dopo il capitalismo non so cosa ci sara', ma sono abbastanza convinto che fame e miseria ritorneranno. E con essi ritorneranno superstizioni, repressione delle idee e delle liberta' e i diritti acquisiti spariranno. Un bel Medioevo 2.0 insomma.
Al termine di questo pippone vorrei fare solo un'ultima considerazione. Nella mia attuale azienda viene propugnata la filosofia del "fail fast" (=fallisci alla svelta). Questo non vuol dire che il fallimento e' auspicabile, vuol dire che se hai intrapreso la strada sbagliata alla risoluzione di un problema o nello sviluppo di un nuovo prodotto e' meglio se trovi il modo di farlo fallire alla svelta se questa/o e' realmente fallimentare. In questo modo hai ancora tempo per trovare un'alternativa.
Da qui l'invito che faccio ai pordenonesi: fail fast! Basta continuare a tenere in piedi aziende fuori mercato, politici che non sanno fare il loro lavoro, sindacati che pensano di essere indispensabili.
C'e' ancora tempo per trovare un'alternativa, ma bisogna fare in fretta.