lunedì 28 ottobre 2013

Pordenone, please fail fast.

Giuro che questa e' l'ultima cosa che scrivo sull'Italia, ma sono successe e succedono cose in quel di Pordenone che sono sicuramente epocali.
Alla fine l'apocalisse preannunciata e' arrivata: Electrolux avviera' un'analisi investigativa sui propri impianti italiani che spalanca le porte alla chiusura degli impianti in questione (1200 persone nel solo impianto pordenonese). Il mese scorso e' toccato ad Ideal Standard annunciare la chiusura del proprio impianto nel pordenonese (e altre 500 persone coinvolte). Quello che soprattutto colpisce i pordenonesi come me e' il fatto che queste aziende assieme a Savio, Moro, Casagrande hanno fatto comunque parte del "paesaggio" culturale e lavorativo della provincia. Ma ora veramente pare che i capannoni di queste aziende andranno ad aggiungersi all'archeologia industriale della quale fanno gia' parte i gloriosi cotonifici del secolo XIX e XX.
Attorno all'ennesima chiusura si e' scatenata la solita commedia che vede coinvolti politici, giornalisti, sindacalisti e - ahime' - lavoratori. Stavolta la commedia (specie per quel che riguarda il "rilancio" di Ideal Standard) mi ha fatto mettere le mani nei capelli perche' se le cose stanno come si scrive, altro non mi riesce di fare.
Queste mie considerazioni sono legate a quanto credo di aver capito lavorando per una grossa corporation americana negli ultimi due anni.
Partiamo da un cartello piuttosto comune nei parchi nazionali americani che spiega perche' non dare da mangiare agli animali.

I miei colleghi mi spiegavano che quando viene introdotto un obbligo lo si deve motivare accuratamente. Per farla breve nutrire gli animali selvatici finisce per disabituarli al loro habitat esponendoli ad essere facilmente predati.
Una compagnia che produca beni e/o servizi e' come un animale selvatico: una mano "esterna" non deve dargli da "mangiare" pena la sua stessa sopravvivenza.
Nel nostro paese la mano "esterna" e' stata per troppi anni quella pubblica. E i risultati su aziende come Alitalia, Telecom, Finmeccanica, Fiat, Olivetti,... li si e' visti benissimo appena i concorrenti esteri si sono fatti vedere nel mercato italiano.
Vorrei ricordare che pure Zanussi e' stata vittima della mano pubblica: passata sotto la gestione di Lamberto Mazza ha iniziato ad acquisire aziende decotte e fuori mercato con soldi pubblici e su caldo invito dei politici. Il gruppo ha finito con l'essere un carrozzone con attivita' che non centravano niente col core business dell'azienda.
Il peggio e' che la mano pubblica quando cerca di mettere mano alle cose per aggiustarle finisce col fare danni ancora peggiori. Nel caso di Ideal Standard la regione Friuli Venezia Giulia si e' offerta di abbassare i costi energetici pagati attualmente da questa. Quel che mi fa veramente impazzire e' che nessuno dica nulla sulla palese distorsione che si va a creare tra Ideal Standard e le altre aziende ben sapendo cosa costi l'energia in Italia: perche' ad un'azienda fuori mercato si fa questo favore e ad una che va ancora bene no? Dabbenaggine, stupidita', calcolo elettorale? Non si sa.
Prima che iniziate a dire: "Parli bene tu che stai all'estero" vorrei ricordarvi che qui in Austria le aziende in crisi vengono semplicemente lasciate fallire. In primavera e' toccato al colosso delle costruzioni Alpine Bau. 1500 persone mandate a casa (non proprio poche per un paese piccolo come l'Austria). Il ragionamento che si fa e' semplice: se esiste un mercato per quello che l'azienda produceva, questo verra' coperto dai suoi concorrenti. I lavoratori vengono tutelati con forti sussidi alla disoccupazione (92% dello stipendio per un periodo che viene calcolato in modo contributivo: piu' si e' lavorato piu' lungo e' il periodo nel quale si riceve la contribuzione) e corsi di riqualificazione.
In Italia accade invece qualcosa che fa grattare la testa ad americani e austriaci di qui: prima si massacrano le aziende di tasse, alti costi energetici ed incombenze burocratiche assurde (lasciando perdere autentiche rovine come lo statuto dei lavoratori), poi, per contentino, si concedono cose come la cassa integrazione o i contratti di solidarieta' che finiscono con lo scaricare su collettivita' e lavoratori fattori che non sempre sono legati alla crisi (ad esempio, gli errori del management come nel caso Electrolux).
La cassa integrazione, poi, e' veramente "demoniaca": mette in una condizione mentale letargica gli imprenditori che aspettano che la tempesta passi impedendogli di sviluppare soluzioni nuove e di licenziare il personale in eccesso se necessario, e disincentiva i lavoratori a cambiare posto di lavoro, magari riqualificandosi per qualcosa di diverso.
Avviandoci al settimo anno consecutivo di crisi molti si stanno svegliando dalla fatua speranza che tutto passera' e si tornera' come prima.
Prima che mi si accusi di parlare da ultra liberista con il cero acceso sotto la foto di Milton Friedmann accanto al letto (e, quindi, di essere stato a favore del colpo di stato in Cile e dell'assassinio di Allende, di essere un affamatore della classe operaia e cosi' via) che parla dal calduccio del suo contratto a tempo indeterminato vorrei ricordarvi che vivo in un paese dove la liberta' di licenziamento non sara' a livelli anglosassoni, ma ci si avvicina. Vi racconto un piccolo episodio accaduto in primavera. Una mattina stavo lavorando alla mia scrivania, quando il manager a capo del dipartimento software si avvicina ad alcuni miei colleghi chiedendogli di spegnere il computer e di seguirlo. Cos'era accaduto? L'azienda aveva deciso una riduzione del personale (ne saranno coinvolte 33 persone sulle circa 500 che lavorano qui a Villach) per poter meglio affrontare le sfide che i concorrenti stavano ponendo. Questi miei colleghi sono stati licenziati senza preavviso alcuno (con un paio di questi avevo frequentato un corso di tedesco e parlavo regolarmente del piu' o del meno). Eppure l'azienda non stava andando male: questo ultimo trimestre ha fatturato piu' di un miliardo di dollari, cosa mai accaduta nei suoi trent'anni di esistenza. Ammetto di essere rimasto scioccato per qualche giorno: in Italia non avevo visto licenziare neanche gente finita prima in galera e poi a processo per spaccio di droga servendosi di minorenni. Capite anche perche' (come dicono Aldo, Giovanni e Giacomo: "Al mattino in Africa sorge il sole e...") io sia sempre in formazione permanente perche' non so quanto rimarro' qui indipendentemente dall'andamento aziendale.
Ma obietterete voi che in periodo di crisi economica la gente cerca di restare aggrappata a quanto ha, che alternative ci sono? Vero. E' anche vero che se andiamo indietro nel tempo dovremmo a cominciare a chiederci come sia riuscita la nostra area nordestina a diventare economicamente ricca.
Non certo grazie ad interventi statali, ma con due ingredienti: bassa tassazione (fino agli anni novanta) e sostanziale deregulation. Si' lo so, a parecchi non vanno bene ne' l'una ne' l'altra, ma gli effetti di iper-tassazione e iper-regolamentazione credo siano sotto gli occhi di tutti.
L'unica cosa che lo stato avrebbe dovuto fare a quel tempo sarebbe stato evitare che gli accordi tra privati creassero danni a "parti terze"  (come lo scempio ambientale che ha colpito specialmente il Veneto) facendo in modo che la giustizia civile agisse rapidamente su vertenze e palesi violazioni della legge. Invece la politica si e' limitata a chiudere un occhio su piu' meno tutto in cambio di sostanziose "oliate" alle proprie ruote.
E' da li' che nascono i problemi che hanno travolto la nostra provincia e il nostro paese: per troppi anni i grandi gruppi hanno fatto politica industriale a suon di tangenti. Non sono stati ne' la Germania, ne' l'Euro, ne' la globalizzazione, ne' il liberismo. Quest'ultimo, poi, e' diventato il capro espiatorio di ogni cosa che riguardi le crisi economiche. Un tizio su Facebook ha dato una definizione molto azzeccata su cosa il comune sentire intenda per liberismo: "E' come l'uomo nero per i bambini: tu sai che non esiste, ma quando lo nomini sai che questo li tiene buoni a letto.".
Un libero mercato non e' un Far West dove comanda quello che ha piu' potere economico. E' il luogo dove un arbitro (lo stato) ha stabilito delle regole che sono valide per tutti quelli che intendono giocare una partita economica. Questo arbitro sanziona rapidamente eventuali abusi e trasgressioni. Non entra mai direttamente in gioco. E' poi la gente comune in piena liberta' che decreta il successo economico di un attore piuttosto che di un altro.
Certo ci sara' sempre chi cerca di far girare le regole a proprio favore andando a far pressione sui politici (molti in America si lamentano che l'attivita' di lobbying delle aziende sia diventata piu' importante della ricerca e sviluppo). Proprio per questo non faccio difese a spada tratta degli imprenditori: e' piu' comodo andare ad oliare il politico amico che ti faccia la legge ad aziendam che mettersi a scervellarsi per rendere i propri prodotti piu' competitivi. Un libero mercato che sia anche sano, in un certo senso, si autoregola: il settore dove lavoro (semiconduttori) e' un mercato che vale poco meno di 10 miliardi di dollari all'anno, molto frammentato (le prime tre aziende piu' grandi hanno il 35% del mercato) e salta fuori ogni tanto qualcuno che ha cercato di corrompere o funzionari pubblici o responsabili commerciali di aziende clienti. Quando non sono le autorita' ad intervenire sono gli stessi clienti a farlo bloccando o ritardando contratti: in un mercato molto competitivo non si possono permettere di acquistare prodotti frutto di corruzioni perche' su di essi grava il dubbio che siano scadenti.
La ricchezza attuale della nostra provincia ci viene (volenti o nolenti) dal "capitalismo": dal desiderio egoistico di fare soldi per migliorare la propria esistenza lavorando anche orari assurdi, e dal desiderio di non farseli mangiare ne' dallo stato ne' da parassiti di varia natura che girano attorno a questo. Prima del capitalismo diffuso i nostri genitori si ricordano bene cosa c'era: fame e miseria, che sono le eredita' dirette del feudalesimo e della servitu' della gleba che hanno prosperato molto a lungo in Europa. Dopo il capitalismo non so cosa ci sara', ma sono abbastanza convinto che fame e miseria ritorneranno. E con essi ritorneranno superstizioni, repressione delle idee e delle liberta' e i diritti acquisiti spariranno. Un bel Medioevo 2.0 insomma. 
Al termine di questo pippone vorrei fare solo un'ultima considerazione. Nella mia attuale azienda viene propugnata la filosofia del "fail fast" (=fallisci alla svelta). Questo non vuol dire che il fallimento e' auspicabile, vuol dire che se hai intrapreso la strada sbagliata alla risoluzione di un problema o nello sviluppo di un nuovo prodotto e' meglio se trovi il modo di farlo fallire alla svelta se questa/o e' realmente fallimentare. In questo modo hai ancora tempo per trovare un'alternativa.
Da qui l'invito che faccio ai pordenonesi: fail fast!  Basta continuare a tenere in piedi aziende fuori mercato, politici che non sanno fare il loro lavoro, sindacati che pensano di essere indispensabili.
C'e' ancora tempo per trovare un'alternativa, ma bisogna fare in fretta. 

domenica 30 settembre 2012

Un anno di Austria

E' un anno che sono qui in Austria. Mi ci sono trasferito per un'opportunità di lavoro che difficilmente mi sarebbe stata offerta in Italia sia in termini economici che in termini di opportunità, ma l'ho fatto anche (in accordo con mia moglie) perchè l'Italia non è più un paese dove far crescere i figli o dove si possa programmare un minimo il futuro al di fuori delle poche fortunate categorie sociali (di cui pur facevo parte). Stiamo ultimando il trasloco delle nostre cose dall'Italia ed essendo "vecchietti" la voglia di farne un altro nel giro di qualche anno neanche ci passa per la testa. Da questo punto di vista è molto improbabile che ritorneremo indietro: è più facile che ci si sposti più a Nord (la Baviera è ancora un posto appetibile per chi lavora nel settore IT e ha solo la conoscenza della lingua inglese).
Le scuole sono inziate: speriamo bene. Anche perchè è comunque dura: dopo un anno di corsi di tedesco riesco solo a  leggere i libri delle elementari; un articolo "leggero" di un quotidiano mi porta via diverse ore. Inoltre qui non sono molti a parlare il tedesco standard: tendenzialmente parlano il dialetto carinziano e questo mette in difficoltà anche mia moglie (che pure il tedesco lo sa). Quindi, cari aspiranti emigranti, studiate bene le lingue!!! Mi mangio le dita per non averlo fatto meglio in gioventù: adesso con la "vecchiaia" e i figli è tutto più difficile.  Alla prima riunione scolastica l'aver capito poco e niente mi ha frustrato non poco. Per fortuna la maestra italiana della classe di mia figlia mi ha fatto da traduttrice (mentre mia moglie era nella classe di mio figlio).
Non è solo una questione linguistica: ci sono anche le diversità di abitudini e di modi di pensare (e non mi sto riferendo al fatto che i vicini la mattina fanno colazione alle 06:30 con un bel paninone al burro e salame accompagnato da un bicchierone di birra). Ma di questo tratterò più avanti.
Due parole sulla situazione politica del posto. L'Austria mi ricorda molto l'Italia di venti anni fa quando economicamente le cose andavano bene e tangentopoli era di là a venire. Eppure qui in Carinzia i segnali di allarme (se vogliamo chiamarlo così) sono gli stessi: strapotere dei partiti e scandali che stanno spuntando a ripetizione (e non mi riferisco a quello del consigliere regionale carinziano, beccato in un bosco da una telecamera per l'osservazione della fauna, in imprese porno erotiche con una signora che non è sua moglie) per i troppi soldi pubblici che girano (occorre comunque dire che qui, come ladri, sono ancora dei dilettanti rispetto ai nostri). Ho pure la strana sensazione che siamo vicini all'esplosione di una bolla immobiliare: si costruisce a ripetizione e i prezzi sono assurdi per uno staterello di montagna che, praticamente, campa di turismo. Lo strapotere del settore pubblico lo si nota anche da piccole cose: i lavori di manutenzione sono ancora fatti da dipendenti comunali e non da ditte esterne come accade in molti comuni italiani. Cosa viene a costare un simile apparato? Probabilmente si ruba molto meno, ma le tasse sui redditi sono piuttosto alte anche qui.
Occorre dire però che i servizi pubblici funzionano: treni puliti e in orario (Villach ha 3 stazioni di cui una per il solo traffico merci), autobus, piste ciclabili perfette (le auto vengono da noi usate solo per andare a fare la spesa "grossa" una volta alla settimana o girare nei dintorni la domenica), la posta spedita arriva in un giorno, negli uffici postali sono veloci, gentili ed efficienti (mai fatto più di 5 minuti di coda, ma presumo perchè qui le pensioni non vengono erogate negli sportelli postali) come pure quelli comunali.
E questo, parlando da italiano, lo si apprezza non poco.
Con il vicinato le cose vanno bene, anche se gli austriaci siano tutt'altro che espansivi: il concetto "andiamo al bar a farci una bevuta alla fine del lavoro" praticamente non esiste. Dopo le 20:30 non gira un cane (ma col fresco serale si sta meglio sotto le coperte: qui siamo a 500 m.s.l.m. e ci sono un pò di gradi in meno rispetto alla pianura padana in qualsiasi stagione).
Alle prossime.

giovedì 5 luglio 2012

Campionati europei a Villach

Cronistoria di un italiano emigrato nella Carinzia del sud, ma ancora transfrontraliero nei weekend, alle prese con i campionati europei di calcio.
Domenica 10 Giugno: esordio della nazionale italiana contro la Spagna in un'orario che mi consente di vedere la partita da casa in Italia. Ma lo spirito di Fantozzi aleggia nell'aria: poco prima del fischio di inizio il computer comincia a dare i numeri e, per cercar di capire se il problema e' elettrico, sposto la scrivania che, ovviamente, si rompe. Risultato: la partita l'ho solo sentita in sottofondo mentre rimettevo a posto il casino che avevo provocato, approntando un computer in sostituzione al precedente.
Giovedi' 14 Giugno: sfida contro la Croazia. In Austria non ho la TV cosi' mi imbuco nel ristorante di un centro commerciale per mangiare e vedere la partita sul maxi-schermo. C'e' un gruppo di austriaci (gia' ben "carburati" a birra) che fa un tifo piuttosto acceso per l'Italia...l'Italia? Ma come? Ma noi italiani non siamo quelli a cui danno sempre contro all'estero? Altra leggenda metropolitana sfatata. Faccio pure lo sborone: nel momento della punizione di Pirlo esclamo: "Das ist Tor!" (="Questo e' goal!"). A goal fatto mi fissano come fossi l'oracolo di Delfi e io me la rido sotto i baffi. Nel secondo tempo mi sposto oltre il confine italiano per telefonare a casa (non avevo ancora Internet per usare Skype e, per evitare di spendere una follia di telefonino, mi conveniva spostarmi oltre il confine). Al rientro incrocio un'auto strombazzante con le bandiere croate sventolanti. Mi prende un accidenti, ma per fortuna vengo a sapere dalla televisione di uno dei locali ancora aperti che la cosa si era risolta con un pareggio.
Lunedi' 18 Giugno: partita con l'Irlanda. Non pervenuta: ero sicuro che avremmo vinto e non mi sono scomodato per cercare un posto dove vederla.
Domenica 24 Giugno: quarto di finale contro l'Inghilterra. Non riesco a vedere niente in quanto sto rientrando in Austria. Appena l'autoradio riprende la comunicazione dopo le gallerie tarvisiane, scopro che siamo andati ai supplementari. Mentre sto scaricando l'auto in una casa vicino sento uno che urla come un ossesso (in tedesco, ovviamente) seguendo la partita. "Ma per chi fara' il tifo?" - mi chiedo. Finito di portare i bagagli in appartamento sento strombazzare in lontananza al grido di "Italia! Italia!".
Ho capito per chi tifava il vicino.
Giovedi' 28 Giugno: la "classica" contro la Germania. Ho gia' pronosticato su Facebook un 2-1 a nostro favore. Mi sposto a Tarvisio per condividere con i compaesani il clima della partita. I locali hanno tutti un TV 50'' all'esterno. Mi piazzo a vedere uno di questi. E' pieno di austriaci e sloveni che tifano la nostra nazionale (venuti qui per assaporare il clima del match: ma i teutonici non sono tutti amanti della tranquillita'? Ma soprattutto: non dovrebbero tifare per i loro cugini tedeschi?). Davanti a me ho due tizi che non smettono un secondo di commentare in tedesco (ma i teutonici non sono tutti taciturni?). Terminato il match un gruppetto di austriaci (ben "carburati" a vino questo giro) intonano l'inno tedesco "Italien uber alles". Peccato che non ho una telecamera per riprendere la scena: meritava di andare su Youtube.
Domenica 1 Luglio: finalissima con la Spagna. Ho pronosticato su Facebook un 1-0 a nostro favore. Ero intenzionato a rimanere a casa a vedere la partita e partire dopo, ma sono piuttosto stanco: non sono piu' abituato all'afa della "Padania", Caronte mi ha spossato e mia moglie mi consiglia di rientrare al solito orario. A Tarvisio, pero', non resisto alla tentazione: esco dall'autostrada e mi dirigo verso il centro del paese. Il comune ha fatto mettere un mega-schermo in piazza, ma appena arrivo capisco l'aria che tira ad un quarto d'ora dal termine: sotto per 2-0 e Spagna che continua ad attaccare. Faccio pure tempo a vedere i due goal finali. Triplice fischio e applauso del pubblico ai migliori.
Il giorno dopo nessuno dei colleghi austriaci si mette a fare battute.
Se ne va cosi' questo evento assieme a qualche luogo comune di questo strano territorio.

martedì 5 giugno 2012

Italiani che si scannano per la festa della repubblica e austriaci che ci festeggiano.

Passati i polveroni sulla festa della repubblica del 2 Giugno con relativo contorno di polemiche sulla sospensione o meno della parata (e del conseguente riutilizzo dei fondi per la stessa a favore dei terremotati dell'Emilia) vorrei raccontarvi un piccolo episodio che mi e' ritornato in mente. Una mattina mi stavo recando al lavoro e, mentre attraversavo il ponte sul Drau (il fiume che attraversa Villach), vedo che passa un treno sulla cui motrice (delle ÖBB, le ferrovie austriache) e' dipinta una gigantesca bandiera italiana con un bel "150" in mezzo.
Col senno di poi avrei voluto prendere la macchina fotografica per immortalare quello che stavo vedendo, ma ero talmente sorpreso che non ci sono riuscito. In quei 150 anni non si puo' dire che ci siano sempre stati rapporti cordiali tra i due paesi. Anzi: fino al 1918 ci e' presi a cannonate di santa ragione e quel "150" e' diventato tale soprattutto a spese loro.
Eppure "qualcuno" degli austriaci ha capito che quel loro vicino ingombrante e casinista ne aveva fatta di strada in questi 150 anni. Evidentemente questo "qualcuno" non ha creduto allo stereotipo dell'italiano donnaiolo,  mafiosetto, simpatico ma inaffidabile, mangiaspaghetti e suonatore di mandolino. Piuttosto ha visto un paese di gente che si e' rimboccata le maniche, si e' messa al lavoro e ha contribuito alla crescita del paese fino a farlo diventare una potenza economica mondiale e la seconda economia europea in fatto di esportazioni. E questo era un motivo buono per onorare il vicino.
Quello che soprattutto mi ha colpito e' che questo "qualcuno" guarda avanti, non indietro rinfacciandoci il passato e questa e' una caratteristica che noi italiani faremmo bene ad imparare abbastanza velocemente se vogliamo uscire dal pantano culturale (prima che economico) nel quale siamo finiti.

lunedì 13 febbraio 2012

Espatrio ed effetto sommergibile

Dopo quasi cinque mesi dal mio trasloco in Austria i miei ritorni in Italia mi stanno creando una strana sensazione che definisco "effetto sommergibile". Rientro nel mio paese e inizio ad osservare i miei connazionali come se fossero delle strane bestie acquatiche in un acquario. Sento ormai che di questo acquario inizio a non fare più parte. E' un pò lo stesso effetto che si ha andando in vacanza in un paese estero, solo che del paese estero senti l'energia, la novità. Qui, invece, sento solo stanchezza e talvolta provo anche fastidio. Ormai non mi scaldo neppure più di tanto neppure quando il solito coglione rischia di venirti addosso in auto perchè impegnato in chissà quali discussioni sui massimi sistemi con il telefonino.
A farmi tornare a casa ci sono moglie, figli e cucina all'italiana. Mi rendo conto che se loro non fossero ancora in Italia dubito fortemente che tornerei indietro ogni weekend.
Viceversa il ritorno in Austria non è più così strano come lo era stato finora (anche se l'ultima volta nevicava che Dio la mandava).
Come si cambia...

martedì 13 dicembre 2011

Tendenze migratorie

Nonostante la crisi economica leggo sul Gazzettino che la percentuale di stranieri a Pordenone è cresciuta percentualmente. Com'è possibile? Presto detto: è sufficiente andarsi a leggere l'"Annuario Statistico Immigrazione 2011 Regione FVG". Si scopre che la popolazione italiana sta diminuendo.Quello che non sono riuscito a capire è se il fenomeno è dovuto
1) ai tanti morti o a
2) gli italiani stanno scappando.
Poi leggo che "Tra calo degli ordinativi, crollo della marginalità e taglio dei costi interni, il mercato dell’Information & Communication Technology continua a fare i conti con la crisi ed il “mercato del lavoro” ne rispecchia le dinamiche principali. La fotografia è scattata dall'Osservatorio dei profili professionali nell’IT di Assintel."
Un forte sospetto per 2) mi sta venendo.

lunedì 12 dicembre 2011

Alcuni flash dall'Austria

1) Il primo giorno mi è stato consegnato il badge che registra entrate, uscite e mi addebita il costo di quello che prendo a pranzo. Assieme mi hanno dato una chiave. "A cosa serve?" - chiedo. "Ad entrare e/o uscire dall'azienda in caso di problemi.". Ti danno le chiavi dell'azienda al primo giorno di lavoro? Mai successo nei quasi vent'anni di lavoro precedenti.
2) Per aprire un conto corrente presso una banca austriaca si presenta presso l'azienda il funzionario di quella banca (con capelli a coda di cavallo e barba di una settimana: chissà quanto lo farebbero durare in una banca italiana). Mi illustra le condizioni e quanto vado a pagare di canone. Chiedo: "Ma quanto si paga di bollo?". Mi guarda come se fossi venuto da Plutone: "Niente! Si paga solo quello che c'è scritto qui!"
3) Il 27 arriva la paga (come per gli statali italiani). E' stampata su un bel foglio verde che mette allegria. Leggo dentro, ma sapendo poco il tedesco passo la palla a mia moglie. "Cavoli!" - è il suo commento - "semplicissima da leggere.". Effettivamente per capire una busta paga italiana devi avere il commercialista seduto accanto tante sono le voci che vi compaiono. Inizio anche a capire perchè mio padre in Svizzera era capace di farsi da solo la dichiarazione dei redditi. ma perchè in Italia dev'essere sempre tutto incasinato?
4) Il primo giorno di lavoro mi accorgo di una cosa che non avevo notato quando ero venuto a fare i colloqui: qui girano quasi tutti in ciabatte per gli uffici! Ho cercato di resistere alla tentazione per quasi due mesi poi ho ceduto anch'io: sono andato a comprarmene un paio. Ho scoperto successivamente che potevo chiederle addirittura in portineria (a pagamento ovviamente). Mi è stato raccontato da uno dei miei colleghi che gli americani avevano storto il naso per questa abitudine teutonica, ma gli austriaci non ne hanno voluto sapere di rinunciare.